Il treno rallentò tra le colline dorate e Luca riconobbe i campanili in lontananza. Erano passati vent’anni da quando aveva lasciato quel paese per cercare fortuna altrove, ma ora ogni curva della strada gli sembrava familiare come un vecchio sogno.

Scese alla piccola stazione, dove l’erba cresceva tra i binari e il vento sapeva ancora di pane e legna bruciata. Il paese respirava piano, come se nulla fosse cambiato.

Camminando per le vie di pietra, ritrovò la bottega chiusa del barbiere, il portone verde della casa di sua nonna e la fontana dove da bambino rincorreva i compagni d’estate. Ogni passo era un ritorno al passato.

Quando aprì la vecchia porta di casa, la polvere danzò nella luce del pomeriggio. Sul tavolo, un vaso di terracotta ancora intatto, custodiva i fiori secchi dell’ultimo giorno in cui sua nonna aveva sistemato la stanza.

Seduto sul gradino della soglia del portone, Luca restò a lungo in silenzio. Non c’era nostalgia, solo un senso di pace sottile, come se il luogo avesse aspettato il suo ritorno senza fretta, senza rimproveri. Sorrise.


Forse tornare non significa cercare ciò che si è perso, ma ricordare che una parte di noi non se n’è mai andata.